L'Italia è in recessione del 2.5%, come per altro avevamo già anticipato. L'economia va male in molte parti d'Europa, dalla Spagna alla Grecia alla Gran Bretagna e presto potrebbe entrare in recessione anche la Francia, quindi si tratta di un problema generale e non solo italiano. Ma le responsabilità del governo sono enormi, con manovre fiscali che hanno avuto il solo obiettivo di rimetter momentaneamente a posto i conti pubblici anche a costo di uccidere l'economia reale - il che porta ad un ulteriore peggioramento delle finanze dello Stato.
Anche il governo deve essersene reso conto ed ha partorito in queste ore un piano per ridurre l'ammontare del debito, un passo fondamentale per riconquistare la fiducia dei mercati e liberare risorse per ora bloccate dal servizio del debito. Purtroppo il piano del governo è destinato a fallire miseramente e potrebbe addirittura peggiorare la situazione. L'idea di Monti (o meglio, quella di Amato e Bassanini) è ridurre il debito attraverso la dismissione di immobile e la vendita di partecipazioni statali. Ma è difficile pensare che queste misure da sole possano bastare.
Per quanto riguarda gli immobili, già in questi anni le aste delle caserme dismesse sono andate deserte. Nessuno ha liquidità, o coraggio, per investire in grandi operere edilizie. Ed anche il mercato delle case è in crollo, data la difficoltà di accendere un mutuo per molte delle famiglie italiane. In una situazione di questo genere il governo finirebbe per vendere sotto prezzo, trasferendo a prezzo scontato risorse pubbliche ai soli in grado di permettersele, i soliti noti che hanno accumulato ricchezze faraoniche nel corso degli ultimi 20 anni.
Per le partecipazioni statali il rischio è anche maggiore. In questo periodo di turbulenza sui mercati finanziari i prezzi delle azioni di molte partecipate, a cominciare da ENI ed ENEL sono scesi e dunque, nuovamente, si tratterebbe di vendere sotto prezzo. Ma vendere poi a chi? Vendere porti ai cinesi? O Finmeccanica agli indiani? Le partecipate statali sono industrie strategiche su cui bisognerebbe investire invece di dismetterle. Proprio ieri il ministro Fornero ha cantato le lodi dell'industria, indispensabile per la ripresa, e noi vogliamo venderla, probabilmente a stranieri, con piani economici che poco avrebbero a che fare con i bisogni della nostra economia?
La strada maestra per ridurre il debito rimane la patrimoniale che il governo invece ostinatamente nega, adducendo effetti recessivi sull'economia. Certo se la patrimoniale colpisse tutte le famiglie indiscriminatamente gli effetti recessivi sarebbero devastanti. Per molte famiglie medio-povere, la maggioranza, una tassa sul patrimonio, come già l'IMU, si tradurrebbe in una tassa sul reddito diminuendo così i consumi. Ma una patrimoniale, alta o molto alta, sui redditi elevati, non avrebbe questo impatto. Come noto a qualsiasi economista, una riduzione della ricchezza privata non ha effetti recessivi, se non marginali, perchè non tocca nè la spesa per investimenti, nè quella per consumi. I ricchi continuano a macinare soldi, le loro entrate non calerebbero, mentre una parte del loro patrimonio verrebbe prelevata dallo stato. In questa maniera si potrebbe far calare in maniera notevole il debito pubblico, magari accompagnando tale misura con dismissioni ad hoc, che potrebbero comunque essere effettuate in un secondo momento con un'economia in crescita e prezzi in salita.
Per altro si tratterebbe di una scelta giusta dal punto di vista etico. In un paese con la diseguaglianza alle stelle, un riequilibrio dei patrimoni, se non ancora del reddito, sarebbe un segnale importante. Una società più giusta è una società più sana, con meno tensioni, meno problemi ed una economia migliore. Ma non pretendiamo da Monti scelte eticamente condivisibili. Ci accontenteremmo che facesse quello che è giusto dal punto di vista economico. Una speranza vana, purtroppo.