La vicenda FIAT si potrebbe definire una farsa se non finisse per pesare, come sempre, sulla pelle di migliaia di lavoratori che rischiano (eufemismo) di restare a casa mentre Marchionne ingrassa i suoi profitti da evasore in Svizzera.
Ma che Marchionne fosse il classico personaggio da operetta tutta italiana (altro che manager apolide che vive sui 2 lati dell'Atlantico) lo si era capito da un pezzo. Da quando cercò (e riuscì) a far pagare il peso della sua incapacità di manager ai lavoratori. Da quando in piena crisi, invece di innovare, come i suoi concorrenti, decise di non lanciare nuovi prodotti, preferendo pagare dividendi che venivano da operazione finanziarie invece che industriali. Da quando svendette il patrimonio di know-how e di tecnologia della FIAT alla Chrysler - e ci domandiamo perchè gli americani fossero contenti?? Da quando davanti alla sua incapacità di competere sul mercato dell'auto pensò bene di dar la colpa ai concorrenti - leggi Volkswagen - che avevano il torto di far profitti.
Gli unici a fingere di non averlo capito furono politicanti e sindacalisti venduti. Quelli che "fossi un operaio voterei per il piano Marchionne senza se e senza ma" (Renzi, Fassino, Chiamparino, quello che ora è andato a dirigere una fondazione bancaria che fa capo ai principali finanziatori di FIAT, il gruppo San Paolo); quelli che "il diritto cui teniamo è quello al lavoro" (Bonanni e Angeletti), anche se ora non ci sono diritti e non c'è lavoro; e quelli che "il problema dell'industria italiana è il costo del lavoro" (Monti, Fornero ma non dimentichiamoci dell'eterno Ichino, uno che è diventato parlamentare grazie ai studi che di scientifico non hanno nulla e di cialtronesco molto, se non tutto). Ecco, la debacle dell'industria italiani ha molti padri, ma certo non la FIOM.
Certo non la FIOM che, sola, villipensa, insultata, derisa, si schierò contro il piano Marchionne. Non capivano, questi sindacalisti, come cambiavano le relazioni industriali del futuro, guardavano ancora al Novecento, forse addirittura più indietro. Beata ignoranza. I soloni che alternavano giudizi sprezzanti a fuorbite analisi sul futuro dell'industria dovrebbero forse andare a lezioni di politica industriale da uno che di industria se ne intende, tal Cesare Romiti che accusa senza mezzi termini Marchionne ma fa notare che non si possono scaricare tutte le colpe su di lui. Dov'era, si domanda Romiti, il sindacato: "Il principale colpevole è il sindacato assente, Fiom esclusa".
Eh già, perchè anche se appare Novecentesco, il compito del sindacato non è di far da servo al padrone - per quello bastano già i politici venduti. No, il compito del sindacato sarebbe quello di controllare le scelte padronali, di guardare i piani industriali, di proporre alternative. Quello che ha fatto la FIOM. Cui forse, ora, sarebbe doveroso rivolgere delle scuse.
Oddio, dai, Romiti non è proprio il migliore esempio di manager dalla politica industriale ben riuscita... A parte questa precisazione, resta valido il ragionamento: i "retrogradi anacronistici" si sono rivelati essere quelli con lo sguardo più acuto.
ReplyDeleteNon che fosse difficilissimo, eh...
Kappa