La sorpresa di Sabato, a poche ore dalla manifestazione degli "indignados" è stato l'intervento del governatore uscente della Banca d'Italia nonchè governatore in pectore della BCE, Mario Draghi. Dimostrando grande sprezzo del ridicolo, Draghi ha espresso la sua solidarietà verso i manifestanti. I giovani hanno ragione ad essere indignati, ha sostenuto, anche lui un drago ribelle.
E per bacco. Davvero ha ragione chi protesta? E' stata una folgorazione di Sabato o una presa di coscienza graduale? Si tratta di una domanda legittima se si tiene in conto che nel 2006 Draghi è stato messo a capo del Financial Stability Forum da cui ha assistito alla crisi finanziaria senza apportare nessuna riforma di rilievo al sistema finanziario. Come banchiere centrale, inoltre, continua a elargire credito alle banche in difficoltà nonostante dopo il 2008 si fosse detto che ciò non sarebbe più stato possibile. Non solo: questa estate Draghi, insieme al governatore Trichet ha scritto una lettera in cui si chiedeva la fine della contrattazione collettiva e la privatizzazione dei servizi pubblici. Sbaglierò, ma non paiono proprio le azioni di qualcuno che ha qualcosa da condividere con la piazza indignata.
La parole di Draghi sembrano, piuttosto, un atto di ipocrisia ben calcolata. Il grande capitale, che non ha scopi elettorali e non deve dunque motivare nessun elettore, non cerca lo scontro aperto, ben sapendo che in una situazione fluida come quella attuale, ci sono rischi per tutti. Si tenta di far passare il concetto che anche i grandi banchieri di stato sono vittime della situazione di crisi e non protagonisti. Si rimanda sempre alle forze della speculazione, che sembrano sempre entità metafisiche contro cui, in definitiva, ci si può indignare ma nulla si può fare. Ovviamente Draghi non è il capo della speculazione, ma le sue responsabilità non possono essere taciute. Nè si possono convenientemente scordare le ricette economiche del governatore, contro il lavoro e a favore del capitale.
Se Draghi volesse davvero divenire un drago ribelle, dal primo Novembre, giorno in cui assumerà la carica di governatore della BCE, ha una occasione irripetibile. Non la sprechi, altrimenti faccia almeno il favore di tacere.
E per bacco. Davvero ha ragione chi protesta? E' stata una folgorazione di Sabato o una presa di coscienza graduale? Si tratta di una domanda legittima se si tiene in conto che nel 2006 Draghi è stato messo a capo del Financial Stability Forum da cui ha assistito alla crisi finanziaria senza apportare nessuna riforma di rilievo al sistema finanziario. Come banchiere centrale, inoltre, continua a elargire credito alle banche in difficoltà nonostante dopo il 2008 si fosse detto che ciò non sarebbe più stato possibile. Non solo: questa estate Draghi, insieme al governatore Trichet ha scritto una lettera in cui si chiedeva la fine della contrattazione collettiva e la privatizzazione dei servizi pubblici. Sbaglierò, ma non paiono proprio le azioni di qualcuno che ha qualcosa da condividere con la piazza indignata.
La parole di Draghi sembrano, piuttosto, un atto di ipocrisia ben calcolata. Il grande capitale, che non ha scopi elettorali e non deve dunque motivare nessun elettore, non cerca lo scontro aperto, ben sapendo che in una situazione fluida come quella attuale, ci sono rischi per tutti. Si tenta di far passare il concetto che anche i grandi banchieri di stato sono vittime della situazione di crisi e non protagonisti. Si rimanda sempre alle forze della speculazione, che sembrano sempre entità metafisiche contro cui, in definitiva, ci si può indignare ma nulla si può fare. Ovviamente Draghi non è il capo della speculazione, ma le sue responsabilità non possono essere taciute. Nè si possono convenientemente scordare le ricette economiche del governatore, contro il lavoro e a favore del capitale.
Se Draghi volesse davvero divenire un drago ribelle, dal primo Novembre, giorno in cui assumerà la carica di governatore della BCE, ha una occasione irripetibile. Non la sprechi, altrimenti faccia almeno il favore di tacere.
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