Monday 26 September 2011

Le ricette sbagliate di Scalfari

Ieri su Repubblica, Scalfari ha illustrato i problemi dell'economia italiana, accusando il governo di incapacita', e su questo indubbiamente non gli si puo' dare torto. Ma le ricette che propone Scalfari sono miopi, acciecate dalla polemica politica e con una prospettiva storica sbagliata che non tiene conto dei problemi di struttura dell'economia italiana - e di quella occidentale - che hanno portato alla crisi stessa, ben al di la' delle colpe di Berlusconi.
Scalfari spiega che il problema dell'Italia e' il debito troppo alto - la soglia di sicurezza, sostiene, sarebbe quota 90, ovvero col rapporto debito/Pil in discesa dal 120% attuale al 90%.
Come fare? Giustamente Scalfari scarta l'ipotesi delle privatizzazioni, che gia' Mucchetti sul Corsera aveva stigmatizzato - in maniera assai piu' convincente. Poi scarta la patrimoniale come impraticabile, sbagliando: la fuga dei capitali che il giornalista teme si puo' contenere (e si puo' arrivare anche ad una sospensione temporanea dei movimenti di capitale, ma comunque i patrimoni immobili, per esempio, non sono esportabili all'estero, Scalfari dovrebbe saperlo).
Ed infine Scalfari cala l'asso: "Del resto non fu questa l'operazione messa in atto da Ciampi ai tempi del suo governo nel 1993 in una situazione economica anche allora molto pesante. L'obiettivo di Ciampi fu quello di far emergere un consistente attivo delle partite correnti al netto degli oneri pagati sul debito. Quest'attivo superò il 5 per cento. Quando obiettivi del genere sono raggiunti il debito pubblico comincia a diminuire e continua in quel ciclo virtuoso suscitando effetti di auto-alimentazione perché la diminuzione graduale del debito ne fa diminuire gli oneri e di conseguenza fa accrescere il saldo attivo delle partite correnti."
In effetti, come vediamo dal grafico sottostante (dati fonte Istat)



Si puo' vedere che nel quinquennio 96-2001 il saldo primario fu in avanzo, con una forte riduzione delle spese e una pressione che tocco' il suo massimo sotto i governi dell'Ulivo (poi ri-raggiunta dall'ultimo governo Berlusconi). Il debito si ridusse dal 120.9% al 108.8%. In 5 anni, dunque una riduzione del 12%, a fronte di sacrifici immani. Non si capisce dunque come Scalfari possa pensare di toccare quota 90, cifra che lui stesso pone come obiettivo per rimettere l'Italia in carreggiata. In un periodo di crescita generale dell'economia mondiale, l'Italia ridusse il debito al ritmo di, circa il 2.4% annuo. In una situazione simile - che non esiste, vista la recessione mondiale - ci vorrebbero circa 13 anni per ridurre il debito del 30%.
Ma il problema non e' solo l'infattibilita' della proposta Scalfari, e' anche una ri-valutazione complessiva dell'operato economico dei governi dell'Ulivo. Il padre di Repubblica li vede come una eta' dell'oro a cui dovremmo rifarci. Ma sbaglia. Le cure da cavallo di Ciampi&C. uccisero l'economia reale italiana, con un paese che cresceva meno di tutti i partner europei e mondiali, a causa di un livello troppo alto di tassazione e a causa delle manovre recessive dell'allora governo Prodi. Manovre recessive non certo replicabili adesso nel bel mezzo della crisi mondiale. Allora quelle finanziarie avrebbero potuto aver senso (eravamo in pieno boom economico..) se le risorse liberate si fossero utilizzate per la crescita. Ma non lo si fece e non si instauro' nessun ciclo virtuoso: l'economia, non crescendo, non generava nuove entrate che sarebbero servite per abbassare il debito senza aumentare la pressione fiscale. Ed il blocco dell'economia italiana risale ad allora, ed ai precedenti governi tecnici Amato-Ciampi-Dini. Che fecero lo stesso sbaglio che oggi replica Scalfari. Concentrarsi solo sui conti dimenticando l'economia reale. Quegli sbagli li paghiamo ancora oggi. Scalfari se ne deva fare una ragione.

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